Cambalache

“Cambalache” è una delle canzoni di tango più famose e iconiche. È stata scritta da Enrique Santos Discépolo nel 1934 e rappresenta una critica sociale e una riflessione sulla condizione umana. Il titolo stesso, “Cambalache”, significa “mercato di scambi” o “baratto” in spagnolo, e il testo della canzone affronta temi come la corruzione, l’ipocrisia, la violenza e l’ingiustizia sociale.

La canzone descrive un mondo dove tutto sembra essere ridotto a oggetti scambiabili e dove la moralità e i valori sono distorti. Discépolo dipinge un quadro oscuro della società, denunciando la mancanza di principi morali e la mercificazione delle relazioni umane.

La musica stessa è intensa e drammatica, con un ritmo incalzante e una melodia che cattura l’attenzione dell’ascoltatore. La voce lamentosa del cantante aggiunge un ulteriore livello di profondità emotiva alla canzone, enfatizzando il senso di disillusione e disperazione.

“Cambalache” è diventata un inno per molti, simboleggiando la lotta contro l’ingiustizia sociale e la ricerca di un mondo migliore. La sua critica sociale universale ha reso questa canzone una delle più celebri e significative del genere tango, continuando a essere reinterpretata e apprezzata da generazioni di ascoltatori.

La sua interpretazione più famosa è ovviamente quella dell’orchestra di Juan D’Arienzo

Enrique Santos Discepolo

Enrique Santos Discépolo è stato uno dei più grandi compositori e poeti del tango argentino. Nato il 27 marzo 1901 a Buenos Aires, Discépolo ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura tanguera del XX secolo con le sue intense e profonde composizioni.

Discépolo è stato coinvolto nell’ambiente tanguero fin dalla giovane età, lavorando come attore di teatro musicale e frequentando le milonghe di Buenos Aires, dove ha avuto modo di immergersi nella cultura del tango. Ha iniziato a comporre canzoni negli anni ’20, e nel corso della sua carriera ha scritto alcune delle canzoni più celebri e influenti del genere.

Una delle sue opere più famose è “Cambalache”, scritta nel 1934, una critica sociale acuta e una riflessione sulla condizione umana che ha colto l’attenzione del pubblico argentino e internazionale. Questa canzone descrive un mondo distorto e corrotto, dove tutto sembra essere ridotto a oggetti scambiabili e dove la moralità e i valori sono distorti. “Cambalache” è diventata un inno per molti, simboleggiando la lotta contro l’ingiustizia sociale e la ricerca di un mondo migliore.

Altre composizioni significative di Discépolo includono “Yira, Yira”, “Uno”, “Desencuentro”, e “Cafetín de Buenos Aires”.

“Yira, Yira” è una canzone che riflette il senso di disillusione e l’amaro in un mondo difficile e crudele.

“Uno” esplora il tema dell’amore non corrisposto e del dolore emotivo, con una melodia intensa e struggente che cattura il cuore dell’ascoltatore. La voce lamentosa del cantante trasmette perfettamente il tormento interiore del protagonista, rendendo la canzone un classico del tango argentino.

“Desencuentro” è un’altra composizione che esplora le complessità delle relazioni umane, con un testo che parla della mancanza di connessione emotiva e della solitudine interiore. La sua melodia malinconica e la sua atmosfera evocativa trasmettono una profonda sensazione di smarrimento e di isolamento.

Infine, “Cafetín de Buenos Aires” offre un ritratto vivido e affascinante della vita nei caffè di Buenos Aires, luoghi emblematici della cultura tanguera. La canzone evoca l’atmosfera vibrante e carica di emozioni di questi luoghi, con la loro miscela unica di musica, danza e conversazione.

Discépolo non solo ha lasciato un’eredità musicale duratura, ma anche un’impronta indelebile come attore e drammaturgo. Ha scritto e interpretato numerose opere teatrali di successo, contribuendo alla crescita e alla diffusione del tango come forma d’arte completa.

Enrique Santos Discépolo è morto il 23 dicembre 1951, ma il suo lascito nel mondo del tango rimane immortale. Le sue composizioni sono state reinterpretate e ammirate da generazioni di musicisti e appassionati di tango, e la sua capacità di catturare l’essenza della vita urbana argentina continua a ispirare artisti in tutto il mondo.

Juan D’Arienzo

Juan D’Arienzo, noto come “El Rey del Compás” (Il Re del Ritmo), è stato uno dei più influenti direttori d’orchestra nella storia del tango argentino. Nato il 14 dicembre 1900 a Buenos Aires, D’Arienzo ha avuto un impatto duraturo sullo sviluppo e sull’evoluzione del genere tango.

D’Arienzo ha iniziato la sua carriera musicale fin da giovane, apprendendo a suonare il violino e successivamente il bandoneón, uno strumento musicale iconico del tango. Negli anni ’20 ha formato la sua prima orchestra, ma è negli anni ’30 che ha raggiunto il picco della sua fama e della sua influenza.

La sua orchestra è stata pioniera nell’adozione di un ritmo più veloce e ritmico, conosciuto come “tango milonguero”, che era particolarmente adatto per il ballo. Questo stile di tango era caratterizzato da un ritmo incalzante e da una maggiore enfasi sulle sezioni ritmiche, il che lo rendeva estremamente popolare nei locali notturni e nelle milonghe di Buenos Aires.

Durante gli anni ’30 e ’40, l’orchestra di D’Arienzo era una delle più richieste e apprezzate della scena tanguera. Ha inciso numerosi successi e ha contribuito a definire il suono distintivo del tango argentino di quell’epoca. La sua musica energica e coinvolgente ha reso l’orchestra di D’Arienzo una delle preferite dai ballerini di tango di tutto il mondo.

Tra i pianisti che hanno suonato nell’orchestra di Juan D’Arienzo c’era Rodolfo Biagi, uno dei più importanti pianisti di tango dell’epoca. La collaborazione tra D’Arienzo e Biagi ha contribuito significativamente alla creazione del suono distintivo dell’orchestra e alla sua influenza sulla scena tanguera.

Una delle storie più celebri riguardanti Juan D’Arienzo è quella in cui durante una serata di esibizione, Rodolfo Biagi, improvvisamente accelerò il ritmo di una delle canzoni, sorprendendo sia il pubblico che gli altri musicisti dell’orchestra. Questo gesto inaspettato aggiunse un elemento di eccitazione e novità alla performance, dimostrando la creatività e l’audacia di Biagi nell’esplorare nuove direzioni musicali. Questo episodio è diventato parte della leggenda di Juan D’Arienzo e dell’orchestra, evidenziando la loro reputazione come innovatori nel mondo del tango.

Dopo un breve periodo di declino nella popolarità negli anni ’50, D’Arienzo ha conosciuto una rinascita negli anni ’60, quando il suo stile classico è stato rivalutato da una nuova generazione di appassionati di tango. Ha continuato a suonare e registrare fino alla sua morte, avvenuta il 14 gennaio 1976, ma il suo impatto sulla musica tanguera continua a essere sentito ancora oggi. Juan D’Arienzo è considerato una leggenda del tango argentino e il suo contributo allo sviluppo del genere è insuperabile.

Que el mundo fue y será una porquería, ya lo sé
En el quinientos diez, y en el dos mil también
Que siempre ha habido chorros, maquiavelos y estafaos
Contentos y amargaos, valores y dobles

Pero que el siglo veinte es un despliegue
De maldad insolente, ya no hay quien lo niegue
Vivimos revolcaos en un merengue
Y en el mismo lodo, hmm, todos manoseaos

Hoy resulta que es lo mismo ser derecho que traidor
Ignorante, sabio o chorro, pretencioso o estafador
Todo es igual, nada es mejor
¡Lo mismo un burro que un gran profesor!
No hay aplazaos, qué va a haber, ni escalafón
Los inmorales nos han igualao

Si uno vive en la impostura
Y otro afana en su ambición
Da lo mismo que sea cura, colchonero, rey de bastos
Caradura o polizón

Qué falta de respeto, qué atropello a la razón
Cualquiera es un señor, cualquiera es un ladrón
Mezclao con Toscanini, va Scarface y Napoleón
Don Bosco Y “La Mignón”, Carnera y San Martín

Igual que en la vidriera irrespetuosa
De los cambalaches se ha mezclao la vida
Y herida por un sable sin remaches
Ves llorar la Biblia junto a un calefón

Siglo veinte, cambalache, problemático y febril
El que no llora, no mama; y el que no afana, es un gil
Dale nomá, dale que va
Que allá en el horno se vamo a encontrar
No pienses más, séntate a un lao
Que a nadie importa si naciste honrao

Si es lo mismo el que labura
Noche y día como un buey
Que el que vive de las minas, que el que mata, que el que cura
O está fuera de la ley